La luna blu

Ti amo forte, debole compagna che qualche volta impara e qualche insegna.
Firenze Estate 1985 Isabella

(Il 29 Giugno sono 30 )

By leggoerifletto

da: La luna blu – Massimo Bisotti –

Io sono uno di quelli che se ti porta un fiore non è per portarti a letto ma per spogliarti e rivestirti dei miei sogni. Ma per portarti a sognare. 

Non mi sono mai piaciuti gli uomini che si vantano numerando le proprie conquiste e le sbandierano ai quattro venti. 

Sono proprio quegli uomini che fanno perdere al sesso quella viscerale importanza segreta. 

Loro non ne possiedono la chiave. Non possiedono la chiave dello scrigno che contiene il reale desiderio, quello che ti fa perdere la testa, che non ti lascia pensare a nient’altro al mondo, che ti annienta le difese in ogni posto ti trovi, che vorresti spegnere con l’acqua fredda se ti sorprende fuori luogo. 

Un numero non potrà mai sostituire l’unità irresistibile.

Non si può desiderare così profondamente una donna a caso ma soltanto e semplicemente una donna. 

La tua. 

Perché probabilmente è facile far esplodere di passione un uomo che non vuole che te, e amare il suo corpo, essendo muschio e terra, fragranza indiscussa di attimi carnali, per coglierne infine il seme dell’estasi.
Ma è davvero improbabile strappargli il gemito primordiale, il vagito dell’anima, l’essenza. Tutto in una volta, la prima e poi tutto per sempre.

– Massimo Bisotti – 

 da “La luna blu”, ed. Psiconline



E noi facciamo l’amore con i pensieri in lontananza, violentando le distanze per leccarci i respiri. 

Scopami l’anima amore mio, muoviti da dentro, perché soltanto in quei minuti il cielo non sarà più grande del mio cuore e il paradiso non sarà più lontano del nostro letto…

– Massimo Bisotti – 

 da “La luna blu”, ed. Psiconline


“Volevo dirti una cosa, fra tutte le cose che ti ho detto o scritto, frasi d’amore, di rabbia, d’incosciente serenità e passione senza misura. Volevo parlarti dell’amore visto dal di fuori.
Ogni tanto penso se mi vedessi dal di fuori quando guardo te vedrei lo stesso amore che sento? Che credo?
Sai l’amore è illogico, non ha una spiegazione tangibile. Molte persone si abituano ad avere accanto qualcuno, a sentire calore o un leggero tepore emozionale, una sensazione di lieve tranquillità.
Qualcosa a cui non potrei mai abituarmi. Stare bene non è amare.
L’amore se lo senti ti prende tutto o non ti prende nulla.
E se te lo fai andare bene è un quasi amore ma non è amore.
Puoi fingere di amare ma non puoi convincerlo l’amore.
Non esiste nessuna magia che non sia quella del cuore a farlo nascere se non c’è.
E’ inutile annaffiare il cemento, dar fuoco ad una miccia sperando in una stella.
Puoi confonderlo con la gratitudine, con la tenerezza, con l’amicizia, con la complicità. Ma non disseta e non brilla.
Ecco io voglio lottare per qualcosa per cui valga la pena vivere e morire per lo stesso motivo esatto, un’equazione illogica, la variabile che determina inequivocabilmente la differenza fra le cose e le cose importanti.
Questo nella vita capita con molta difficoltà ma se non dovesse più capitare io surrogati non ne voglio.
E se non riesco a stare zitto mai è solo perché penso sempre che le mie parole possano raggiungerti e stravolgere quel destino in cui non credo. I pensieri più belli ci spaccano dentro, sono estasi e tormento.
Quel che non esiste non lo troverai neppure cercandolo all’infinito mentre l’infinito è lì, davanti agli occhi, non lo puoi non vedere.”

– Massimo Bisotti – 

 da “La luna blu”, ed. Psiconline

Buona giornata a tutti. 🙂

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5 thoughts on “La luna blu


  1. LUCIO BATTISTI – Emozioni ( Con testo )
    Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi
    ritrovarsi a volare
    e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare
    un sottile dispiacere
    E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire
    dove il sole va a dormire
    Domandarsi perche’ quando cade la tristezza
    in fondo al cuore
    come la neve non fa rumore
    e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte
    per vedere
    se poi e’ tanto difficile morire
    E stringere le mani per fermare
    qualcosa che
    e’ dentro me
    ma nella mente tua non c’e’
    Capire tu non puoi
    tu chiamale se vuoi
    emozioni
    tu chiamale se vuoi
    emozioni
    Uscir dalla brughiera di mattina
    dove non si vede ad un passo
    per ritrovar se stesso
    Parlar del piu’ e del meno con un pescatore
    per ore ed ore
    per non sentir che dentro qualcosa muore
    E ricoprir di terra una piantina verde
    sperando possa
    nascere un giorno una rosa rossa
    E prendere a pugni un uomo solo
    perche’ e’ stato un po’ scortese
    sapendo che quel che brucia non son le offese
    e chiudere gli occhi per fermare
    qualcosa che
    e’ dentro me
    ma nella mente tua non c’e’
    Capire tu non puoi
    tu chiamale se vuoi
    emozioni
    tu chiamale se vuoi
    emozioni

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  2. di Martha Medeiros

    Lentamente muore

    (Ode alla vita)

    Lentamente muore
    chi diventa schiavo dell’abitudine,
    ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
    chi non cambia la marcia,
    chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
    chi non parla a chi non conosce.

    Muore lentamente
    chi fa della televisione il suo guru.
    Muore lentamente chi evita una passione,
    chi preferisce il nero su bianco
    e i puntini sulle “i”
    piuttosto che un insieme di emozioni,
    proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
    quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
    quelle che fanno battere il cuore
    davanti all’errore e ai sentimenti.

    Lentamente muore
    chi non capovolge il tavolo
    quando è infelice sul lavoro,
    chi non rischia la certezza per l’incertezza
    per inseguire un sogno,
    chi non si permette almeno una volta nella vita,
    di fuggire ai consigli sensati.

    Lentamente muore
    chi non viaggia,
    chi non legge,
    chi non ascolta musica,
    chi non trova grazia in sé stesso.

    Muore lentamente
    chi distrugge l’amor proprio,
    chi non si lascia aiutare
    chi passa i giorni a lamentarsi
    della propria sfortuna o della pioggia incessante.

    Lentamente muore
    chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
    chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
    o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

    Evitiamo la morte a piccole dosi,
    ricordando sempre che essere vivo
    richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
    del semplice fatto di respirare.

    Soltanto l’ardente pazienza
    porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

    A Morte Devagar

    Muere lentamente
    quien se transforma en esclavo del hábito,
    repitiendo todos los días los mismos trayectos,
    quien no cambia de marca,
    no arriesga vestir un color nuevo
    y no le habla a quien no conoce.

    Muere lentamente
    quien hace de la televisión su gurú.
    Muere lentamente quien evita una pasión,
    quien prefiere el negro sobre blanco
    y los puntos sobre las “íes”
    a un remolino de emociones,
    justamente las que rescatan el brillo de los ojos,
    sonrisas de los bostezos,
    corazones a los tropiezos
    y sentimientos.

    Muere lentamente
    quien no voltea la mesa
    cuando está infeliz en el trabajo,
    quien no arriesga lo cierto por lo incierto
    para ir detrás de un sueño,
    quien no se permite por lo menos una vez en la vida,
    huir de los consejos sensatos.

    Muere lentamente
    quien no viaja,
    quien no lee, quien no oye música,
    quien no encuentra gracia en sí mismo.

    Muere lentamente
    quien destruye su amor propio,
    quien no se deja ayudar,
    quien pasa los días quejándose
    de su mala suerte o de la lluvia incesante.

    Muere lentamente,
    quien abandonando un proyecto antes de iniciarlo,
    no preguntando de un asunto que desconoce
    o no respondiendo cuando le indagan sobre algo que sabe.

    Evitemos la muerte en suaves cuotas,
    recordando siempre que estar vivo
    exige un esfuerzo mucho mayor que
    el simple hecho de respirar.

    Solamente la ardiente paciencia
    hará que conquistemos una espléndida felicidad.

    Martha Medeiros

    (2000; erroneamente spesso attribuita a Pablo Neruda, questa poesia è di Martha Medeiros, giornalista, scrittrice e poetessa brasiliana nata a Porto Alegre nel 1961).

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